CHIRURGIA ESTETICA E CONSENSO INFORMATO: LA SENTENZA N. 6208/2023 DELLA CORTE D’APPELLO DI ROMA

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 6208 del 29 settembre 2023, riformando integralmente la sentenza n. 1141/2019 del Tribunale di Cassino, affronta l’attuale tematica del consenso informato in materia di chirurgia estetica, sottolineando che, con riferimento ai trattamenti estetici, “la corretta somministrazione delle informazioni utili e necessarie alla compiuta e adeguata informazione del paziente circa i rischi e conseguenze connesse, per la consapevole autodeterminazione alla sottoposizione ad essi, assume connotati peculiari e ben più stringenti rispetto a quella dovuta per la sottoposizione a interventi chirurgici necessari al fine di preservare l’integrità psicofisica”.

Il consenso informato, condicio sine qua non per poter proseguire in molte pratiche (intervento chirurgico, trasfusioni, diagnosi invasive, ecc.), è la manifestazione di volontà che il paziente esprime liberamente in ordine ad un trattamento sanitario, che può pertanto essere definito come il diritto del paziente di essere posto nella condizione di scegliere in maniera consapevole di sottoporsi o meno ad un trattamento medico o chirurgico.

Il caso esaminato dalla Corte d’Appello di Roma vede coinvolta una giovane donna che si era sottoposta a due trattamenti medici di carattere squisitamente estetico, uno di liposuzione e l’altro di rimozione di un cheloide al ginocchio destro. La paziente si era rivolta al giudice del Tribunale di Cassino al fine di richiedere ed ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa della condotta lesiva dei medici, contestando (per quanto qui rileva) di non essere stata adeguatamente informata sui rischi e conseguenze di entrambi gli interventi.

Il giudice di primo grado aveva però ritenuto che il consenso fosse stato validamente prestato e, pertanto, aveva rigettato le richieste risarcitorie dell’attrice. Per tale motivo, quest’ultima proponeva appello nei confronti della sentenza di prime cure, lamentando l’assenza di un’indagine preventiva personalizzata e l’inadeguata somministrazione delle informazioni per una consapevole autodeterminazione alla sottoposizione ai suindicati interventi chirurgici. La medesima dichiarava altresì che, se fosse stata messa al corrente degli effettivi esiti degli interventi sulla base di una valutazione personale, non avrebbe prestato il consenso.

A tal proposito la Corte d’Appello di Roma ricorda che, come affermato dalla Cassazione, È onere del medico, infatti, prima di procedere all’espletamento di un’operazione, ottenere un valido consenso del paziente, specie in caso di chirurgia estetica, informando questi dell’effettiva portata dell’intervento, degli effetti conseguibili, delle inevitabili difficoltà, delle eventuali complicazioni, dei prevedibili rischi coinvolgenti probabilità di esito infausto, prospettando, dunque, realisticamente i rischi e le possibili conseguenze pregiudizievoli connessa all’intervento (Cass. civ. Sentenza n. 29827/2019).

In virtù di ciò, la Corte d’Appello dimostra come nel caso di specie un adeguato consenso informato è sicuramente mancato. Infatti, il documento contenente il consenso informato allegato dall’appellato conteneva avvertenze generiche, risultava firmato esclusivamente dalla paziente ed era altresì privo di data. Peraltro, tale documento non conteneva nessuna specifica indicazione circa le necessarie spiegazioni in concreto fornite alla paziente che l’avrebbero resa edotta dei possibili esiti dei trattamenti cui si sarebbe sottoposta. In aggiunta, il modulo di consenso informato concerneva soltanto il trattamento di liposuzione, ma con riferimento alla rimozione di cheloide nulla diceva.

Così, la Corte d’Appello di Roma, richiamando l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità che distingue diversi casi di risarcibilità del danno inferto alla salute e all’autodeterminazione, ricollega la vicenda alla seconda categoria, la quale prevede che: “se ricorrono sia il dissenso presunto, sia il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), è risarcibile la sola violazione del diritto all’autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – dev’essere valutata in relazione alla eventuale situazione «differenziale» tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto e il danno risarcibile deve essere individuato in quello estetico-permanente”.

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