L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’: QUANDO E COME SI DIVENTA EFFETTIVAMENTE EREDI?

Il nostro Studio si occupa da anni di questioni di natura ereditaria ed ha potuto maturare una certa esperienza sulle varie problematiche che possono insorgere a seguito del decesso di una persona. Una questione apparentemente banale, ma che in realtà comporta diverse conseguenze, di cui non sempre si è consapevoli, è quella che riguarda la problematica dell’accettazione dell’eredità, ossia di come si diventa eredi a seguito della morte di una persona e di quali sono le conseguenze che possono derivarne. 

La morte di una persona, oltre ad essere un evento drammatico per i parenti del soggetto, comporta tutta una serie di conseguenze con riferimento al suo patrimonio. Quest’ultimo termine non deve trarre in inganno in quanto è un’espressione che non indica solo “denaro” e “beni mobili ed immobili”. Infatti, il patrimonio può ben essere costituito anche da elementi passivi, ossia debiti che il soggetto deceduto può aver contratto in vita e non aver ancora saldato al momento della sua morte. 

Per tale motivo, l’ordinamento giuridico ha previsto che, necessariamente, quando un soggetto muore, altri soggetti subentrino nei rapporti attivi e passivi del defunto. I soggetti che subentrano al defunto sono appunti definiti eredi. Assumendo tale ruolo, essi acquisiscono non solo tutte le poste attive del patrimonio del soggetto deceduto, ma anche tutti i debiti di costui, senza facoltà di preferire alcune posizioni piuttosto di altre, non essendo ammessa un’accettazione parziale o condizionata dell’eredità. Pertanto, se non vengono posti in essere determinati accorgimenti, che andremo a spiegare, l’erede potrà essere chiamato a rispondere dei debiti del defunto con tutti i propri beni personali e non solo con i beni ereditati. Ovviamente, laddove non si vogliano correre rischi e si tema che il patrimonio del defunto sia totalmente al passivo, è sempre possibile effettuare una rinuncia all’eredità. La rinuncia si può fare mediante una dichiarazione, ricevuta da un Notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione (ossia il luogo dell’ultimo domicilio del defunto) e va inserita nel registro delle successioni. Attenzione però che sarebbe nulla un’eventuale rinuncia parziale o sottoposta a condizione o termine. 

Diciamo sin d’ora che non è sufficiente che un soggetto muoia affinché si acquisisca automaticamente la qualità di erede. 

Innanzitutto è possibile divenire eredi o per via testamentaria (erede testamentario) o, in mancanza di testamento, per legge, in quanto la legge individua espressamente quali sono gli eredi c.d. legittimi in mancanza di un testamento. Pur non essendo il tema del presente articolo, riteniamo necessaria una precisazione. Non bisogna infatti confondere – cosa che spesso accade – la nozione di erede legittimo con quella di erede legittimario. 

L’erede legittimo è colui che, in mancanza di testamento, viene indicato dalla legge come tale (ad esempio la moglie e i figli, rispettivamente, nel caso del decesso del marito o padre). Più precisamente, secondo l’art. 565 c.c, sono eredi legittimi i parenti più stretti del defunto, come il coniuge, i discendenti quindi i figli, gli ascendenti quindi i genitori, i collaterali quindi i fratelli e le sorelle, gli altri parenti del defunto e infine, lo Stato. 

L’erede legittimario è invece colui che per legge ha sempre diritto ad una quota dell’eredità anche in presenza di un eventuale testamento che lo voglia escludere. Eredi legittimari sono sempre e solo il coniuge ed i figli. 

Tornando quindi agli eredi legittimi e/o testamentari vediamo in che modo è possibile effettivamente acquisire tale qualifica. Se si è stati indicati in un testamento come eredi o se, in mancanza, la legge ci designa come tali, al momento del decesso del de cuius (il defunto) si è semplicemente “chiamati all’eredità”. Per poter diventare effettivamente eredi è necessario che intervenga l’accettazione dell’eredità.

A questo termine bisogna prestare attenzione, perché si rischia infatti di compiere un’accettazione tacita dell’eredità anche senza essersene resi conto, con le conseguenze sopra evidenziate. Infatti, è sicuramente possibile procedere con un’accettazione dell’eredità formale ed esplicita, andando da un notaio o attraverso una scrittura privata, che si può sempre far autenticare da un notaio. Ma ci sono invece tutta una serie di condotte, in parte individuate dalla legge ed in parte individuate dalla giurisprudenza, che, se poste in essere, possono comportare una accettazione tacita dell’eredità, esponendo quindi il soggetto non solo a divenire il proprietario dei beni del defunto, ma anche il possibile bersaglio di eventuali richieste da parte di creditori rimasti insoddisfatti. Per fare subito un esempio banale, pensiamo al figlio di un soggetto deceduto che, in possesso del Bancomat del proprio genitore, pensa di fare un prelievo sul conto corrente del medesimo. Ebbene, anche un atto così semplice ed apparentemente normale, può comportare l’accettazione dell’eredità in quanto si tratta di una condotta che il soggetto non avrebbe diritto di tenere se non nella qualità di erede e che, quindi, deve ritenersi supporre la sua volontà di accettare l’eredità. 

Esaminiamo innanzitutto le ipotesi di accettazione tacita dell’eredità previste direttamente dalla legge:

  • il primo caso è proprio quello dell’erede che è nel possesso dei beni ereditari; oltre all’esempio sopra esposto del possesso del Bancomat, un’altra situazione può essere quella del coniuge che continua ad abitare nella casa di proprietà del coniuge deceduto o che dispone della sua macchina o di altri suoi beni. Ebbene, in questi casi, se il chiamato all’eredità non predispone un inventario dei beni del defunto entro tre mesi dall’apertura della successione (ossia dalla morte del de cuius), il codice civile stabilisce (art. 485 c.c.) che egli diventi erede puro e semplice. Ma cosa significa dover fare un inventario e che cosa può comportare? Ebbene, fare l’inventario dei beni del defunto significa sostanzialmente fare una dichiarazione, contenente un elenco, completo e dettagliato di tutti i suoi beni e delle proprietà (stando bene attenti a non commettere omissioni), da rendersi o davanti un Notaio o davanti al Cancelliere del luogo dove si è aperta la successione e che sarà poi inserita nel registro delle successioni. Effettuare l’inventario comporta l’acquisizione della qualifica di erede c.d. “con beneficio di inventario” che si distingue rispetto a quella di erede puro e semplice perché, in questo caso, il patrimonio del defunto e quello dell’erede rimangono distinti e si risponde dei debiti del de cuius esclusivamente con il patrimonio della massa ereditaria e non con il proprio patrimonio personale. Questo istituto presenta comunque molti dettagli tecnici che non possono essere approfonditi nella presente sede e, per tale motivo, se si vuole procedere in questo senso, si ritiene opportuno affidarsi a dei professionisti, onde evitare errori.
  • Un’altra ipotesi di condotta prevista dalla legge che comporta l’assunzione della qualifica di erede è quella in cui il soggetto chiamato all’eredità effettui una donazione, una vendita o comunque la cessione a terzi dei suoi diritti di successione (art. 477 c.c.). In pratica, se il soggetto vende una parte dei beni che gli sarebbero spettati dalla successione (pensiamo al figlio che vende la casa di proprietà del padre deceduto) egli si considera come se avesse accettato l’eredità.
  • Infine, anche rinunciare all’eredità percependo per questo un corrispettivo, o rinunciare a favore soltanto di alcuni altri chiamati all’eredità, comporta accettazione (art. 478 c.c.).  Ad esempio, se muore il padre e lascia due figli ed uno dei due rinuncia all’eredità su richiesta del fratello che lo paga per questo, ebbene, tale rinuncia non avrà alcun effetto se non quello di far acquisire la qualifica di erede a colui che credeva di rinunciare.

Oltre ai suddetti casi, la giurisprudenza ha individuato numerose ipotesi che possono concretizzare una accettazione tacita dell’eredità; ne forniamo di seguito un elenco, sia pure non esaustivo:

  • incassare un assegno rilasciato al defunto in pagamento di un suo credito (oltre all’esempio del Bancomat sopra riportato);
  • pagare i debiti ereditari con denaro prelevato dal patrimonio ereditario;
  • subentrare nell’attività commerciale del coniuge defunto;
  • ricorrere contro l’accertamento fiscale in materia di imposta di successione;
  • impugnare il testamento;
  • promuovere l’azione per la divisione dell’eredità;
  • promuovere una causa per ottenere il pagamento di crediti del defunto;
  • effettuare la voltura catastale dell’immobile del soggetto deceduto.

Vi sono invece altri comportamenti che la stessa giurisprudenza ha ritenuto si possano compiere senza che per questo si intenda concretizzata una accettazione tacita dell’eredità:

  • l’effettuazione di interventi aventi il solo scopo conservativo dei beni ereditari;
  • la presentazione della denuncia di successione ed il pagamento della relativa imposta: queste condotte non comportano automaticamente accettazione in quanto sono considerati atti posti in essere a fini conservativi e per evitare l’applicazione di sanzioni;
  • anche il pagamento delle spese per il funerale del defunto non comporta accettazione dell’eredità.

In ogni caso, fatto salvo quanto sopra esposto in relazione ai rischi che si possono correre attraverso una accettazione tacita dell’eredità, si ricorda che la legge stabilisce espressamente che il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni.

Infine, ricordiamo che l’accettazione dell’eredità è un atto irrevocabile e, pertanto, se ci si rende conto, solo dopo averla concretizzata, che il patrimonio del de cuius è in stato passivo, non è più possibile tornare indietro. Infatti, l’accettazione può essere impugnata per violenza o dolo, ma non può essere impugnata per errore. Il che, in parole povere, significa che un errore di valutazione o la mancanza di adeguate informazioni sul patrimonio ereditario del de cuius, non è circostanza idonea ad annullare l’accettazione (magari tacita) dell’eredità compiuta dal malcapitato erede che si trova per ciò costretto a pagare di tasca propria i debiti del proprio dante causa deceduto.

Come visto, pertanto, l’assunzione della qualifica di erede è una circostanza non priva di implicazioni a volte rischiose e bisogna prestare attenzione a come si agisce subito dopo la morte di un proprio caro, risultando opportuno, in caso di qualsiasi dubbio, rivolgersi ad un professionista esperto nella materia per poter gestire al meglio la situazione.

Previous Post
Next Post